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Dermatite atopica: con nuove terapie più qualità vita pazienti

E risparmi per SSN. Dermatologi SIDeMaST a congresso a Milano

Non solo prurito e bruciore della pelle a volte così intensi da impedire di concentrarsi sul lavoro o a scuola, dormire e avere rapporti sociali sereni: le malattie allergiche cutanee, dermatite atopica in primis, oltre a rendere scadente la qualità di vita delle persone che ne sono affette, impattano anche sui costi diretti sostenuti dal Ssn e su quelli indiretti causati dalla incapacità di studiare e lavorare a pieno regime per circa 4 persone su 5, con una conseguente riduzione della produttività.

Ma ora, grazie alle nuove terapie e ai passi in avanti sul fronte delle conoscenze si aprono nuovi scenari. I farmaci biologici sono infatti sempre più protagonisti e promettenti sul fronte delle cure e la ricerca dà continua conferma delle predisposizioni genetiche verso questo tipo di malattia. E così gli esperti sono sempre più orientati a trattare queste patologie in modo mirato e personalizzato, consentendo a queste malattie, fin ora troppo spesso mal curate o addirittura non diagnosticate, di compiere un importante giro di boa. Progressi che “alleggeriscono” anche l’impatto sui costi.

Queste novità arrivano dal 96esimo Congresso SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse presieduta dalla Prof. Ketty Peris, attualmente in corso a Milano. Sono cinquecento milioni le persone nel mondo che soffrono di allergie cutanee e in Europa ne è colpito almeno il 40 per cento della popolazione. In particolar modo, è in aumento l’incidenza di orticaria e dermatite atopica.

La prevalenza della dermatite atopica nel Vecchio Continente si attesta intorno al 7% della popolazione, ma almeno il 45% dei casi non è diagnosticato. In Italia è stimata, in linea con il dato europeo, fra il 3 e il 12% della popolazione. La forbice è apparentemente ampia soprattutto a causa di un sottobosco non ancora identificato in modo preciso. A questo si aggiungono una serie di variabili, la più determinante delle quali è sicuramente l’età: la dermatite atopica infatti è molto più frequente tra i giovani, presenta un picco di incidenza tra la prima e la seconda decade di vita, e poi tende a regredire, fino a ridursi in età adulta al 3%.

“La dermatite atopica – afferma Paolo Daniele Pigatto, Presidente del Congresso SIDeMaST, Direttore UO di Dermatologia Ospedale Galeazzi e Professore Associato di Dermatologia Università degli Studi di Milano – è causata da una reazione immunologica che determina un’infiammazione della cute sostenuta dai linfociti T (Th2). Dal punto di vista patogenetico le allergie cutanee si attivano a causa di una risposta del sistema immunitario indotta da molecole definite allergeni. Successivamente si sviluppa nella cute un processo infiammatorio (di tipo Th2) che coinvolge diverse cellule (mastociti, cellule epiteliali, cellule dendritiche, linfociti T, linfociti innati, eosinofili e basofili) e provoca la persistenza dei sintomi per ore. La cute sede di flogosi diventa, inoltre, più reattiva sia ad allergeni o stimoli non allergenici, quali le sostanze irritanti. Dal punto di vista clinico – prosegue – la dermatite atopica si presenta con prurito e lesioni cutanee, reversibili spontaneamente o in seguito a terapia. Solitamente non è una malattia grave, ma è correlata a un notevole impatto su prestazioni scolastiche e lavorative (77% delle persone che ne soffrono), vita sociale (78%) e relazioni sociali (57%). Il prurito notturno provoca disturbi del sonno nell’87% degli adulti e nel 60% dei bambini. Tutti fattori che causano un forte scadimento della qualità di vita di chi ne soffre”.
Si associa spesso ad altre comorbidità, la più frequente delle quali è l’asma allergica, che rappresenta l’espressione di un processo infiammatorio a livello della mucosa bronchiale. A questo proposito, un dettagliato studio europeo dal titolo “Costi diretti e indiretti associati a malattie allergiche respiratorie in Italia”, studio probabilistico di cost of illness ha messo in luce l’impatto economico delle patologie allergiche respiratorie sulla società a causa dei trattamenti inadeguati e di conseguenza, il risparmio ottenuto da cure corrette: “La perdita – continua il Prof. Pigatto – è stata stimata in 7,33 miliardi di euro, di cui il 27,5% è stato associato ai costi indiretti e il 72,5% ai costi diretti. Risultati questi che dovrebbero far comprendere, in particolare ai decisori politici, ‘il peso economico’ delle malattie allergiche sulla società e quanto i costi socio-sanitari attribuiti alle allergie cutanee siano rilevanti, e ciò dipende, in parte, dalla cronicità della condizione, ma anche dal notevole ricorso del paziente a farmaci di automedicazione”.

In questo scenario la diagnosi fondata sulla valutazione clinica di medici esperti nel campo diventa essenziale. Fortunatamente la ricerca ha fatto notevoli passi in avanti anche nell’identificare le cause delle malattie allergiche, oggi sempre più individuate nella predisposizione genetica: “Certamente queste patologie sono tutte dovute ad una predisposizione genetica – prosegue l’esperto – per la dermatite atopica poi, si parla anche di epigenetica, nel senso che si eredita una sorta di ‘impronta molecolare’ sul genotipo che determina il grado di attivazione dei geni la cui sequenza rimane invariata. Parliamo quindi di tutte quelle modificazioni ereditabili che portano a variazioni dell’espressione genica senza però alterare la sequenza del DNA. Quindi, l’ambiente modifica l’espressione genica e induce la malattia”.


Fonte: askanews.it

Ipotiroidismo disfunzione più frequente, colpisce 3 mln di italiani

In presenza di disturbi della tiroide, di cui soffrono oltre sei milioni di italiani, la dieta può diventare oggetto di dubbi e preoccupazioni per i pazienti. Lo testimonia il crescente numero di ricerche effettuate ogni giorno in rete sul complicato rapporto tra tiroide e alimentazione che mette in luce il bisogno degli utenti di fare chiarezza su questi temi. Per rispondere a questa esigenza è nata la campagna “Dal Palato alla Tiroide”, realizzata con il patrocinio della Società Italiana di Endocrinologia (Sie) e il contributo non condizionante di Ibsa Italy che, attraverso strumenti pratici come il volume di “ricette amiche della tiroide”, contribuisce a promuovere una maggiore consapevolezza nella popolazione sui disturbi tiroidei e il legame con la nutrizione.

Le disfunzioni della tiroide sono molto diffuse soprattutto tra le donne che si stima abbiano il 20% di probabilità di sviluppare disturbi tiroidei nel corso della vita. Tra queste l’ipotiroidismo è la più frequente: colpisce in Italia quasi 3 milioni di persone con un’incidenza più marcata nelle donne tra i 55 e i 64 anni. Questa condizione si manifesta spesso con sintomi quali stanchezza eccessiva, aumento di peso, intolleranza al freddo, pelle secca e pallida, rallentamento della frequenza cardiaca, depressione e problemi di memoria.

“La prevenzione e la gestione efficace delle malattie tiroidee dipendono in gran parte da una corretta informazione e dall’adozione di buone pratiche quotidiane”, dichiara Maria Grazia Castagna, Professore Associato di Endocrinologia presso il Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze dell’Università di Siena. “Nonostante siano spesso sottovalutate, si stima che le patologie della tiroide colpiscano tra il 5 e il 10% della popolazione italiana. Una diagnosi tempestiva è cruciale per migliorare la qualità della vita dei pazienti e per questo è importante effettuare alcuni semplici esami di controllo in presenza di segni e sintomi indicativi di un’alterazione della funzionalità tiroidea, ma anche in persone a rischio o in chi ha una predisposizione familiare”.

La diagnosi precoce è fondamentale nella cura della malattia, così come lo è l’aderenza da parte del paziente alla terapia, una volta individuato il trattamento più adeguato.

“La levotiroxina è il trattamento standard per l’ipotiroidismo e consente di ripristinare i livelli ormonali necessari per un corretto funzionamento del metabolismo. Tuttavia, la personalizzazione della terapia e il monitoraggio costante sono essenziali per garantire un equilibrio ottimale e una maggiore stabilità nel tempo”, commenta Annamaria Colao, Professore Ordinario Endocrinologia e Malattie del Metabolismo Cattedra Unesco di Educazione alla Salute e Sviluppo Sostenibile, Università degli Studi di Napoli Federico II. “Grazie alla possibilità di avere diverse formulazioni disponibili, dai farmaci in compresse alle capsule molli fino alle formulazioni liquide, è possibile adattare il trattamento alle caratteristiche specifiche di ciascun paziente, migliorando così l’aderenza alla terapia e i risultati clinici complessivi”.

Nel mantenimento della salute tiroidea, anche l’alimentazione gioca un ruolo cruciale poiché questa ghiandola necessita di specifici micronutrienti per funzionare al meglio. In soggetti con ipotiroidismo, una dieta equilibrata deve essere inclusiva di alimenti ricchi di iodio e selenio, due elementi fondamentali per il corretto funzionamento della tiroide.

“Un regime alimentare vario e personalizzato in base all’età e allo stile di vita rappresenta una valida strategia di prevenzione per alcune disfunzioni tiroidee, soprattutto quando arricchito con sale iodato, efficace a evitare le carenze di iodio, e con selenio, fondamentale per il metabolismo degli ormoni tiroidei e quindi per il buon funzionamento complessivo della ghiandola”, evidenzia la Professoressa Colao. “Per incoraggiare la prevenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica, è essenziale fare chiarezza su quali alimenti possano realmente influire sulla salute della tiroide, sgombrando il campo da fake news e falsi miti che persistono numerosi intorno a questi temi”.

“Ne è un esempio la convinzione che eliminare il glutine dalla dieta possa migliorare la funzione tiroidea, anche in assenza di una diagnosi di celiachia o di sensibilità al glutine. In realtà, in condizioni normali eliminare il glutine non comporta alcun beneficio per la tiroide e al contrario se non gestito correttamente potrebbe determinare delle carenze nutrizionali”, continua la Professoressa Castagna. “È vero, tuttavia, che alcune forme di tiroiditi autoimmuni, in particolare la tiroidite di Hashimoto, si associano più frequentemente ad altre patologie autoimmuni come ad esempio la celiachia. Solo nel caso quindi in cui le due patologie coesistono è necessario adottare una dieta priva di glutine. In genarle, in caso di problematiche accertate, è sempre importante affidarsi ad uno specialista, evitando pericolose pratiche ‘fai da te”.

La Campagna “Dal Palato alla Tiroide” si inserisce all’interno di un progetto più ampio che vede nel sito latiroide.it un vero e proprio hub informativo sulla tiroide con video pillole degli esperti, sezioni dedicate ai professionisti della salute, e un servizio per richiedere il consulto telematico di uno specialista. La Campagna sfata numerosi falsi miti sull’alimentazione, promuovendo consapevolezza e prevenzione delle malattie tiroidee attraverso informazioni chiare e aggiornate e un approccio molto pratico. È con questo spirito che è stato creato il ricettario “Dal Palato alla Tiroide”, pensato per chi desidera seguire un’alimentazione equilibrata, ricco di consigli e ricette per una dieta sana e bilanciata e adatta a chi soffre di disfunzioni della tiroide. Il ricettario è stato realizzato grazie al contributo degli utenti, alla collaborazione con specialisti endocrinologi e Sonia Peronaci.

“È stato un piacere partecipare a questa iniziativa”, ha commentato Sonia Peronaci, foodblogger e fondatrice di GialloZafferano. “Credo molto nell’importanza di diffondere una corretta informazione su come l’alimentazione possa supportare la salute. Con semplici accorgimenti si possono fare scelte migliori e più consapevoli senza rinunciare al piacere della tavola” ha aggiunto.

L’impegno di Ibsa Italy va oltre il semplice supporto alla campagna, riflettendo una visione di lungo termine a supporto della comunità dei pazienti e in più in generale della popolazione. “Ibsa è impegnata nella ricerca di soluzioni terapeutiche all’avanguardia e supporta iniziative vicine ai bisogni dei pazienti. Investire nella consapevolezza e nella prevenzione delle malattie tiroidee fa parte del nostro approccio alla salute a 360 gradi. Con la campagna ‘Dal Palato alla Tiroide’ vogliamo non solo fare educazione su questi temi, ma anche offrire risorse concrete e accessibili che migliorino la vita quotidiana dei pazienti.” conclude Greta Pizzamiglio Sr Product Manager di Ibsa Italy.

Fonte: askanews.it

“Una Stella di Natale Ail aiuta le persone a guadare lontano”

Ail – Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mielomadopo 18 anni rinnova la storica campagna dedicata alle Stelle di Natale, con l’obiettivo di unire ciò che è divenuto il simbolo dell’Associazione, il racconto delle storie dei pazienti e l’impegno sociale di Ail.

L’iniziativa Stelle di Natale Ail, in programma 6, 7 e 8 dicembre in 4800 piazze italiane, storico appuntamento con la solidarietà promosso dall’Associazione che da 55 anni è al fianco dei pazienti ematologici e delle loro famiglie, viene realizzata da 36 anni grazie al contributo di migliaia di volontari e all’opera delle sue 83 sezioni Ail sul territorio nazionale. La manifestazione ha permesso in tanti anni di sostenere e mettere in campo importanti progetti di Ricerca e Assistenza e ha contribuito a far conoscere i rilevanti progressi e i risultati ottenuti nel trattamento dei tumori del sangue.

Ail lancia la nuova campagna di comunicazione integrata dedicata all’iniziativa Stelle di Natale “Segui la Stella”, affidata a Lateral, Studio di Comunicazione & Branding guidato da Francesco Fallisi e Federica Bello, con la direzione creativa di Francesco Fallisi e Simona Angioni. Per la campagna è stato prediletto un approccio intimo e delicato, affinché fosse un’esperienza personale a trasmettere il significato profondo che rappresenta la scelta della Stella di Natale Ail.

Protagonista dello spot è una bambina con un obiettivo molto preciso: regalare speranza al paziente incorniciato dalla finestra di fronte alla sua. Da sola, con passo svelto e deciso, attraversa le stradine della sua città come se fosse una grande avventura. Ha le sue monetine e il suo sogno da realizzare. E lo porta a termine, scegliendo la Stella di Natale più grande che può, e permettendo a quel ragazzo di guardare lontano. Una bambina da seguire e, soprattutto, come recita la voce fuori campo, “Una Stella da seguire” per arrivare finalmente ad un futuro libero dai tumori del sangue.

Il claim dello spot è semplice e potente allo stesso tempo: “Una Stella di Natale Ail aiuta migliaia di persone a guardare lontano”. “Questo concetto riflette il nostro impegno nell’offrire una prospettiva di fiducia e speranza a chi affronta un percorso di cura difficile – affermano Rita Smoljko e Daniele Scarpaleggia, rispettivamente Responsabile Comunicazione AIL e Coordinatore del Progetto – aiutando i pazienti e le loro famiglie a guardare oltre le sfide e la sofferenza del presente”.

Fonte: askanews.it

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